Sul finire del III secolo, dunque, il tema dell’obiezione di coscienza, come si potrebbe definirlo oggi con un termine moderno, è quanto mai sentito nelle comunità cristiane.
Forse è anche per questo che gli imperatori, temendo di rimanere “senza un esercito”, rivolgono le loro “attenzioni” ad intra, inquisendo e chiedendo fedeltà prima di tutti ai militari ed ai loro più stretti collaboratori: ne fecero le spese, come ricordato, l’intera Legione Tebea o il giovane Massimiliano, martirizzato nel 295 per aver rifiutato di prestare il servizio militare nell’esercito imperiale.
E ne faranno le spese anche Donnino e i suoi compagni, i quali, dopo il rifiuto di abiura del cristianesimo, non resta che la fuga verso Roma, “non timore passionis territi”, non per paura del martirio, semmai “voce divinae exortationis ammoniti”, avvertiti, cioè, da un segno divino.
Chi attraverso la Via Flaminia; chi attraverso l’Aurelia; e chi, come Donnino, attraverso l’Aemilia (Via Emilia).
Il quale, però, rintracciato a Piacenza dagli uomini dell’imperatore, viene definitivamente raggiunto a XII milia dalla città di Iulia Crisopoli (Parma), nei pressi del fiume Sisterionis (Stirone) e lì decapitato.
Il particolare che la Passio Fuldense, la Fiorentina e la Parmense indichino Parma con il suo nome greco Iulia Crisopoli, per altro, potrebbe fornire un elemento utile a datarle, inducendo a pensare che possano dipendere da un documento bizantino d’ambiente parmense del secolo VI – del periodo, cioè, successivo alla guerra greco-gotica (535-553) con cui l’imperatore bizantino Giustiniano (482 – 565) tenta, non riuscendovi completamente, di riconquistare la Penisola, e a cui parrebbe essersi ispirato anche il Martirologio Geronimiano del 600 che per primo parla del martire cristiano Donnino.