Donnino fu, dunque, con buona probabilità, esponente dell’élite di corte e alto funzionario dell’imperatore Massimiano.
Questa sua appartenenza alla nobilitas potrebbe fornire anche una possibile spiegazione al suo nome, Domninus, che più che ad un gentilizio o ad un nome proprio farebbe pensare ad una condizione, quella appunto del Signorino o, meglio, del Signorotto.
Ma Domninus fu cristiano e “propter fidem Christi”, per questa sua radicata fede in Cristo – come ricorda il Martirologio di Rabano Mauro, Acta Sanctorum, Octobris, (IV secolo) - subì il martirio. Infatti prima dell’Editto di Milano del 313 – voluto dall'imperatore Costantino e conosciuto anche come “Editto di tolleranza” che, di fatto, liberalizza il culto, anche quello cristiano, all'interno dei confini dell’Impero - i cristiani venivano perseguitati e a quelli di loro che ricoprivano importanti incarichi nell'amministrazione dello Stato, come nel caso di Donnino, veniva chiesto di abiurare e di sacrificare al culto dell’Imperatore, come testimonianza di fedeltà allo Stato, che l’Augusto incarnava.
Molti cedettero e della sorte del “lapsi” – letteralmente gli scivolati, coloro cioè che abiurarono per paura o per convenienza – la Chiesa del IV secolo, ormai uscita dalle catacombe e libera di professare il proprio Credo, si occuperà a lungo.
Ma Donnino no.
Rifiuterà di sacrificare al culto dell’imperatore, rinnovando con questo gesto la fedeltà a Massimiano, e per questo verrà condannato a morte; proverà a scappare “cum vellet persecutionis rabiem declinare”, ma raggiunto dai soldati dell’imperatore nei pressi di a Fidenza, “in eadem via Claudia, loco fluvio Sisterioni pene contiguo”, verrà catturato e giustiziato.